sabato 10 dicembre 2016

Aperitivi in concerto 2016 - 11 dicembre 2016.

Legnano, 8 dicembre 2016.
Quarto e conclusivo appuntamento della rassegna "Aperitivi in concerto 2016"

Domenica 11 dicembre 2016 ore 11
Teatro Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi in Piazza IV Novembre 4A a Legnano
(link per scaricare il programma di sala).

Cristiano Rossi, violino
Alessandro Bono, chitarra

L’incontro della chitarra con il violino, in formazione cameristica, risale già ai primi decenni dell’800. La sonorità più intima e delicata rispetto al tradizionale duo violino pianoforte ha spinto numerosi compositori, da Paganini ai contemporanei, a scrivere per questa formazione. Il concerto conclusivo degli Aperitivi in concerto, che sancisce il gradito ritorno del Maestro Cristiano Rossi a Legnano,  rappresenta un interessante viaggio di esplorazione delle preziosità timbriche ed espressive dei due strumenti attraverso i diversi stili e linguaggi musicali, dall’800 ai giorni nostri.

Programma: 

N. Paganini
Sonata Concertata in La magg.
 Allegro spiritoso / adagio assai espressivo / rondeau

J. Ibert

Tre “ Histoires”
 Un po' Andante ( La meneuse de tourtues d'or....)
 Con tranquillo buon umore ( Le petit âne blanc....)
 Un po' veloce ( La cage de cristal....)

C. Prosperi
In Nocte (1964)

F. Margola
Sonatina (1981)
 allegretto / allegretto affettuoso / vigoroso

N.Paganini
Sonate op. 3
 n° 2 in Sol magg. - adagio con dolcezza / andantino scherzoso
n° 4 in La min. - andante largo / allegretto

Cristiano Rossi Discende da una famiglia di artisti bolognesi ed inizia precocissimo, a nemmeno cinque anni, lo studio del Violino con una tale convinzione che lo porta a diplomarsi, a soli 16 anni, al Conservatorio di Bologna alla Scuola di Sandro Materassi. Intraprende subito l'attività concertistica vincendo importanti concorsi nazionali e internazionali, come Vittorio Veneto e Monaco di Baviera. A 18 anni, nel 1965, incide i suoi primi due dischi per la Erato di Parigi, attività discografica proseguita poi per la Emi, Dynamic e Naxos con numerosi CD dedicati a differenti periodi storici, da Vivaldi a Busoni, da Campagnoli a Wolf-Ferrari. Cristiano Rossi ha al suo attivo innumerevoli recital ed importanti concerti in tutte le città italiane, in Europa, Sud America, Stati Uniti e Giappone, per i Teatri più prestigiosi come Barbican Centre di Londra, Bunka Kaykan di Tokyo, Sala Tchaikovsky di Mosca, Filarmonica di S. Pietroburgo, Teatro Colon di Buenos Aires, Tonhalle di Zurigo. Ha partecipato ai Festival lnternazionali di Venezia, Stresa, Spoleto, Varna, Istanbul, Dubrovnik, suonando con famosi direttori quali Ahronovitch, Chailly, Oren, Pesko, Renzetti, Soudant, Delman. È stato invitato a partecipare a numerose e importanti manifestazioni: per l'Unicef, per il Bicentenario degli Stati Uniti (1976) con un recital alla Casa Bianca, per le Celebrazioni Colombiane (1992) a Genova, suonando il famoso "Cannone" di Paganini, a Castelgandolfo alla presenza di S.S. Papa Giovanni Paolo II, in Piazza Maggiore a Bologna nel 1995 e 1997 per i Concerti commemorativi del 2 Agosto, ed ha ricevuto vari prestigiosi Premi fra i quali il "Diapason d'Oro" della Rai. Numerose sono le sue registrazioni di concerti pubblici radiotelevisivi per la RAI, BBC, RSI, DRF ecc. Docente di Violino al Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze per oltre vent'anni, attualmente si dedica a Corsi di Perfezionamento per giovani concertisti, invitato da prestigiose Accademie Musicali quali l'Accademia Pianistica di Imola, Asteria di Milano, Tadini di Lovere, Accademia Musicale di Firenze, ecc.

Alessandro Bono  Avviato allo studio della chitarra dal M.Fausto Betelli prosegue presso il Conservatorio di Brescia sotto la guida del M.Gianluigi Fia diplomandosi con il massimo dei voti e la lode .E’ risultato vincitore dei primi premi ai Concorsi internazionali di Stresa, Bardolino e Ala di Trento. Ha suonato per più di un trentennio come chitarra solista dell’orchestra “Città di Brescia” esibendosi in importanti rassegne e festival chitarristici in Europa e Stati Uniti .  Ha svolto un’intensa attività concertistica in duo con la chitarrista Romina Brentan, la flautista Stefania Maratti , i mandolinisti Ugo Orlandi e Miky Nishiama. Ha inoltre eseguito gran parte del repertorio solistico con orchestra con importanti formazioni cameristiche e orchestrali. Compositori quali F.Margola, C.Mandonico, J.B.Gadea, T.Ziliani, E.Catina, G.Mariotti gli hanno dedicato loro composizioni. Insegna chitarra presso il Liceo musicale “V.Gambara” di Brescia. Suona una chitarra del liutaio catanese Antonino Scandurra.

Ingresso 5,00 € / Ridotto 3,00 €

Come acquistare i biglietti:
- Presso la biglietteria del Teatro (Infopoint)
  Da martedì a giovedì, ore 10.00 / 13.00 e due ore prima dell’inizio degli spettacoli
- Presso il Palazzo Leone da Perego (via Gilardelli 10, presso ufficio ScenAperta)
  Da lunedì a giovedì, ore 15.00 / 17.00
  Venerdì, ore 10.00 / 13.00
- Online su www.vivaticket.it (con diritti di commissione del portale)
- Nei punti vendita abilitati www.vivaticket.it
Per gli spettacoli musicali sarà possibile scegliere il posto solo durante la prevendita.
Nella data dello spettacolo, in cassa verrà assegnato in automatico il miglior posto disponibile. 

Aperitivi in concerto 2016, dal 23 ottobre all'11 dicembre la domenica mattina alle ore 11 presso il Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi in Piazza IV Novembre 4A a Legnano.
Direzione artistica e organizzativa:  Orchestra da camera della città di Legnano Franz Joseph Haydn -  www.orchestralegnano.org  - orchestralegnano@alice.it

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mercoledì 30 novembre 2016

Aperitivi in concerto 2016 - 4 dicembre 2016.

https://drive.google.com/file/d/0B-jxFGXadxfRaVpCOUsxaDBHS2s/view?usp=sharing
Legnano, 30 novembre 2016.
Terzo appuntamento della rassegna "Aperitivi in concerto 2016"

Domenica 4 dicembre 2016 ore 11
Teatro Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi in Piazza IV Novembre 4A a Legnano
(link per scaricare il programma di sala).

Trio Kanon 

Lena Yokoyama, violino
Alessandro Copia, violoncello
Diego Maccagnola, pianoforte

Programma:

Antonín Dvořák
Trio in mi minore No. 4 op.90 "Dumky"

Maurice Ravel
Piano Trio in A minor

Il Trio Kanon (il nome, oltre ad avere assonanza con il Canone, è anche l'unione di due parole giapponesi: “Ka”, fiore e “On”, musica, quindi letteralmente “musica fiorente”) nasce nell’estate del 2012 dall’amicizia di tre musicisti che hanno deciso di condividere la loro passione per la musica da camera studiando sotto la guida del Trio di Parma (Ivan Rabaglia, Enrico Bronzi, Alberto Miodini), presso l’International Chamber Music Academy di Duino, fondata dal Trio di Trieste nel 1989.  Il Trio Kanon è vincitore di premi in concorsi nazionali (Primo Premio e Premio del Pubblico nel XXI Concorso di Musica da Camera Giulio Rospigliosi) e internazionali (22° International Brahms Competition di Poertschach, Austria e Alice & Eleonore Schoenfeld International String Competition 2016 di Harbin, Cina). Nel marzo 2014 è stato uno dei cinque gruppi finalisti (selezionati tra oltre 50 ensemble provenienti da Stati Uniti, Europa e Canada) a partecipare al Chesapeake Chamber Music Competition di Easton (Usa), seguito da un concerto nella Christ Episcopal Church di Cambridge (MD, US). Nel 2015 ha vinto il “Chamber Music Award” come miglior gruppo da camera presso l’Internationale Sommer Akademie Prag-Wien-Budapest, prestigioso riconoscimento patrocinato dall’Haydn Institute di Vienna.
Il Trio si è esibito in numerosi concerti: in Italia presso il Teatro La Fenice di Venezia, il Palazzo Gromo Losa di Biella, gli Studi Rai di Trieste, l’Auditorium W. Walton di Ischia, il Teatro Giacosa di Ivrea, il nuovo Auditorium “G. Arvedi” di Cremona, Palazzo Ducale e Palazzo Te a Mantova durante il Mantova Chamber Music Festival 2016, all’estero in Inghilterra, Croazia, Austria, Norvegia, Cina e Stati Uniti, riscuotendo ovunque successo di pubblico e di critica.
Nel 2014 il Trio Kanon è stato ammesso ai corsi tenuti da Alexander Lonquich presso l'Accademia Chigiana di Siena; ha  inoltre seguito le masterclass di Robert Cohen presso Snape Maltings (UK); di Hatto Beyerle, Miguel da Silva e Annette von Hehn (Atos Trio) presso la Trondheim Chamber Music Academy 2014 (Norvegia) e di Avedis Kouyoumdjian, Johannes Meissl, Anita Mitterer, Péter Nagy, il Talich Quartet e gli altri insegnanti ECMA presso i corsi estivi di Semmering e Reichenau an der Rax (Vienna).
Nel febbraio 2015 il Trio è stato invitato come “gruppo in residence” a Snape Maltings (UK) per il prestigioso Festival “Aldeburgh Music 2015”, con due concerti per la stagione primaverile presso la Jubilee Hall. Nell’estate 2016 il Trio è stato protagonista di una fortunata tournée in Cina, in cui ha potuto esibirsi presso il Parkview Green Museum di Pechino, in un concerto patrocinato dall’Istituto di Cultura Italiana.
Ha inciso per la rivista “Amadeus" musiche di L. v. Beethoven.

Ingresso 5,00 € / Ridotto 3,00 €

Come acquistare i biglietti:
- Presso la biglietteria del Teatro (Infopoint)
  Da martedì a giovedì, ore 10.00 / 13.00 e due ore prima dell’inizio degli spettacoli
- Presso il Palazzo Leone da Perego (via Gilardelli 10, presso ufficio ScenAperta)
  Da lunedì a giovedì, ore 15.00 / 17.00
  Venerdì, ore 10.00 / 13.00
- Online su www.vivaticket.it (con diritti di commissione del portale)
- Nei punti vendita abilitati www.vivaticket.it
Per gli spettacoli musicali sarà possibile scegliere il posto solo durante la prevendita.
Nella data dello spettacolo, in cassa verrà assegnato in automatico il miglior posto disponibile. 

Aperitivi in concerto 2016, dal 23 ottobre all'11 dicembre la domenica mattina alle ore 11 presso il Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi in Piazza IV Novembre 4A a Legnano.
Direzione artistica e organizzativa:  Orchestra da camera della città di Legnano Franz Joseph Haydn -  www.orchestralegnano.org  - orchestralegnano@alice.it

mercoledì 23 novembre 2016

Stagione concertistica 2016-2017 - Primo Concerto.

https://drive.google.com/file/d/0B-jxFGXadxfRMk1xa0thRVBhQ3c/view?usp=sharing
La Stagione concertistica 2016-2017 dell'Orchestra da camera della Città di Legnano Franz Joseph Haydn si inaugura sabato 26 novembre 2016 alle ore 21 presso il Teatro Città di Legnano “Talisio Tirinnanzi” in Piazza IV Novembre a Legnano, con un concerto dedicato a celebri pagine del repertorio tardo barocco. Una serata che unisce il virtuosismo strumentale di Vivaldi e Geminiani all’incantevole grazia delle arie operistiche di Händel, in un delicato ed affascinante connubio espressivo.

Programma:

Antonio Vivaldi
Concerto undecimo in Re minore con 2 violini e violoncello obbligati RV 565 

Allegro
Adagio e spiccato - Allegro
Largo e spiccato
Allegro

Georg Friedrich  Händel
Tutto puó donna vezzosa
Piangerò la sorte mia
Da tempeste il legno infranto
 

dall’opera “Giulio Cesare”

Antonio Vivaldi
Concerto primo in Re maggiore con 4 violini obbligati RV 549 

Allegro
Largo e spiccato
Allegro

Georg Friedrich Händel
Lascia ch'io pianga 

dall’opera “Rinaldo”

Francesco Geminiani
Concerto grosso XII in Re minore “La follia”


Ilaria Torciani, soprano
Daniele Balleello, direttore

Note estese al programma di sala (cliccare qui per la versione in PDF)

Come consuetudine, iniziamo la stagione presentando un programma di musica barocca. Proseguendo l’esplorazione intrapresa da alcuni anni, affiancheremo questa volta a due astri di prima grandezza come Vivaldi e Händel (la stella polare, per la storia del concerto strumentale, resta però Corelli), Francesco Geminiani, musicista meno noto ma comunque di rilevante importanza, anche perché fece parte di quella diaspora di compositori ed esecutori italiani che nella prima parte del ‘700 seppe fare apprezzare le novità musicali italiane in tutta Europa. Una semina che in breve tempo produrrà frutti copiosi.

Parlando di questo periodo, è facile dimenticare che l’intervallo tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 si colloca dentro una doppia svolta epocale della storia della musica, avvenuta nel giro di pochissimi decenni, e che riassumeremo brevemente.

La prima svolta fu la nascita dell’armonia moderna, con la sistemazione, dapprima pratica e poi anche teorica, del “temperamento equabile”, cioè la suddivisione dell’ottava in dodici parti uguali. Come noto, questa divisione non corrisponde ad alcun rapporto d’intonazione naturale, ma al contempo crea un compromesso che permette anche agli strumenti ad intonazione fissa di “viaggiare” avventurosamente verso qualsiasi tonalità, per quanto lontana da quella di partenza… ritrovando sempre la strada del ritorno!
La seconda rivoluzione fu l’invenzione del genere musicale del concerto. Come ha scritto il musicologo Alberto Basso, “tutta la storia della musica strumentale del Seicento si muove verso quel tipo di concentrazione espressiva che è il concerto. Allo stesso tempo è nello stile concertato che si determina la sensibilità tonale”. E la forma usuale assunta dallo stile concertante intorno al 1700 è quella del “Concerto grosso”. Quindi, per chiarezza, ci sembra importante inserire nuovamente una descrizione schematica di questa forma musicale, scusandoci se ripeteremo in parte quanto scritto in note degli anni precedenti. Caratteristica distintiva del Concerto grosso è la divisione dell’orchestra in due sezioni contrapposte: il concertino o soli, cioè il gruppo degli strumenti solisti, costituiti da un numero variabile di violini (in genere due), con o senza un violoncello, e il concerto grosso o ripieno, contenente violini, viole, violoncelli e il clavicembalo in funzione di basso continuo. L’andamento musicale prevede un’alternanza dialogante tra il concertino e i ritornelli del concerto grosso (il cosiddetto “stile concertato”). Tutto il resto è variabile a seconda del periodo e dello stile. Ad esempio, ai primordi di questa forma musicale il concertino tace quando suona il concerto grosso, mentre in seguito invalse la partecipazione del concertino anche al concerto grosso (Tutti). Ancora più variabile è lo sviluppo del discorso musicale, cioè il modo con il quale concertino e concerto grosso elaborano e si scambiano il materiale tematico. La successione in tre tempi (veloce-lento-veloce), proposta dai veneti Albinoni e Torelli, seguita da Vivaldi dopo alcune incertezze, e accettata prontamente in Germania, diverrà quella canonica, ma Corelli e anche Händel usavano un numero di tempi variabile a seconda dell’importanza del concerto, mentre i francesi preferiranno per un certo tempo la successione lento-veloce-lento. Ne risulta insomma, per chi approfondisca appena un poco la conoscenza della musica di quest’epoca, una varietà stilistica ed espressiva in nulla inferiore a quella romantica.

Il programma

Antonio Vivaldi - Concerto Undecimo in Re minore con 2 violini e violoncello obbligati RV 565, da «L’estro armonico» op. III

«[Quando ebbi conosciuto l’Estro armonico] mi preoccupai di raccogliere un bel numero di concerti di Vivaldi. I loro magnifici ritornelli sono stati per me, negli anni che seguirono, degli ottimi modelli»
J.J. Quantz, compositore e flautista tedesco del primo ‘700

L’Estro armonico costituisce la chiave di volta per penetrare in tutti i più segreti problemi della storia e dell’estetica del Concerto italiano. […] Rivoluzione che precede, anticipa le cause della rivolta. Qui sta il genio di Vivaldi. Ancora il Concerto grosso non aveva dichiarato la sua legittimità d’origine e d’esistenza che, con Vivaldi, tiene a rinnegarla.
                                                                                                                Remo Giazotto, «Vivaldi»

Nei nostri programmi abbiamo spesso incontrato capolavori che al primo apparire ebbero ben poca risonanza. Invece, la pubblicazione dei concerti dell’ “Estro armonico” nel 1711 fu proprio uno shock. Il mondo musicale, che stava ancora faticosamente assimilando le novità corelliane, rimase elettrizzato dal genio del giovane prete veneziano, e in pochi anni innumerevoli copie vennero vendute a esecutori, compositori, e amanti della musica di varia estrazione sociale. Lo stesso Bach trascrisse immediatamente, per strumenti a tastiera, sei concerti dell’opera III vivaldiana, e tra essi il Concerto undecimo, che divenne il Concerto per organo in re minore BWV596. Ma i fili che si diramarono dall’ “Estro armonico” furono assai più complessi e durevoli: gli studiosi che se ne sono occupati hanno rintracciato stilemi vivaldiani anche in musicisti operanti ben oltre la metà del secolo. E perché questa raccolta venne considerata rivoluzionaria? Si tratta di una raccolta di 12 concerti con 1, 2 e 4 violini, raggruppati ordinatamente in quattro gruppi di tre (con un esprit de geometrie tipicamente seicentesco, per quanto insolito in Vivaldi). Già questa è una prima novità: il concerto grosso con due violini in concertino, organico che derivava dalla Sonata a tre e dalla Sonata da chiesa barocche, era ormai quasi prassi, ma non lo era certo quello con violino solista (noi posteri intendiamo subito, con questa parola, quali vie nuove si apriranno), e tanto meno quello con 4 violini, esperimento che peraltro non fu più ritentato nemmeno da Vivaldi. In secondo luogo, chi voglia intraprendere un ascolto d’insieme di tutto l’ “Estro armonico”, si accorgerà di quale sorprendente varietà vi sia presente: non vi sono praticamente due concerti che si assomiglino [Alla faccia delle battute stravinskiane su Vivaldi e sul barocco italiano, ma costui era uno spirito corrosivo, il quale aveva da ridire persino sulle sinfonie di Beethoven … a parte l’Ottava!]. Infine, innovazioni altrettanto succose erano nella musica. Kolneder, autore della più chiara sintesi su questo argomento, ha così riassunto lo stile vivaldiano: nei tempi veloci, inaudito dispiegamento virtuosistico; grandiosità della struttura formale, sia per il concertino sia – di riflesso – per il ripieno; chiarezza dell'impianto armonico, ormai basato sulle funzioni fondamentali di tonica, sottodominante, dominante; forza e varietà dell’accentuazione ritmica; ampia gamma dinamica e agogica; ripetizione non meccanica dei ritornelli; possibilità di differenti rapporti tematici tra concertino e ripieno. Nei tempi lenti: interventi molto limitati dell’orchestra, mentre i solisti dispiegano ampi archi melodici, spesso di tipo vocalistico.
Il Concerto undecimo, nel contesto dell’Opera III, fa parte del gruppo dei più “conservatori”, mostrando chiaramente la derivazione dalla Sonata da chiesa (suddivisione in 4 tempi, concertino costituito da due violini e violoncello, presenza di un movimento in stile fugato).
Il brano inizia con un Allegro introduttivo eseguito dal concertino, senza interventi del concerto grosso. È diviso in due parti: un canone tra i due violini nella prima, il virtuosistico fraseggiare del violoncello solista nella seconda. Preceduta da un breve Adagio e spiccato, segue poi una fuga a 4 voci ascendenti (Allegro), con due episodi concertanti intermedi eseguiti dai Soli.
Ma il cuore del concerto è indubbiamente nel successivo Largo e spiccato, un lungo e dolente assolo del Violino primo ripetuto due volte, la seconda con l’aggiunta di fioriture e variazioni. [Le categorie del patetico e dell’elegiaco vivaldiano, che non divengono mai tragico, si prestano a molte considerazioni, che richiederebbero altra sede per essere affrontate. Ci preme, però, di mettere quantomeno in evidenza come esse denotino la totale aderenza del musicista alla temperie culturale della Venezia settecentesca, erede di una splendida civiltà al tramonto, ma che – all’opposto del senso di morte che ossessiona il barocco romano e quello tedesco - esorcizzava la visione della propria fine in una sfrenata smania di vita, in una sorta di eterno presente. E si potrebbero anche trarne interessanti paralleli con la contemporaneità.]
Nel turbinoso Allegro conclusivo si ha la continua alternanza, per quattro volte, tra Soli e Tutti, seguita in chiusura da una ripresa variata della parte iniziale. Ricollegandosi a quanto si era in precedenza accennato, tra le innovazioni vivaldiane vi è anche l’aumento del numero degli episodi solistici nei tempi veloci, che passano da due-tre a quattro-cinque e anche più (come, ad esempio, nel Concerto Ottavo) con conseguente aumento della durata relativa dei brani.

Georg Friedrich Händel – Tutto può donna vezzosa - Piangerò la sorte mia - Da tempeste il legno infranto (da «Giulio Cesare»)
L’opera «Giulio Cesare in Egitto» fu rappresentata per la prima volta a Londra nel 1724, con immediato successo, ed è ancora oggi considerata una tra le migliori del compositore.
Tutte e tre le arie che presentiamo sono nella tipica forma col Da Capo (struttura A-B-A, con ripetizione letterale della prima parte). Inoltre, in modo tipicamente händeliano, la parte centrale B inizia sempre al relativo minore della tonalità d’impianto della prima parte A.
La prima aria, «Tutto può donna vezzosa», cantata da Cleopatra, appartiene all’Atto primo. In essa la vamp egizia si compiace con sé stessa dopo aver sedotto Cesare per poter prevalere sul suo rivale Tolomeo. L’astuzia della donna è sottolineata da un accompagnamento orchestrale volutamente quasi schematico, e dalla presenza di un oboe concertante all’unisono con il canto, tutto basato su civettuoli gorgheggi e salti nel registro acuto.

Ecco il testo:
Tutto può
donna vezzosa,
s'amorosa
scioglie il labbro, o gira il guardo;
ogni colpo piaga un petto,
se difetto
non v'ha quel che scocca il dardo.

Le due arie successive: «Piangerò la sorte mia» e «Da tempeste il legno infranto», appartengono invece all’Atto terzo, e sono ancora cantate da Cleopatra. Entrambe sono nella tonalità di Mi maggiore, che Händel usava spesso nelle sue arie emotivamente più intense.
Della prima, è da notarsi la finezza del trattamento musicale rispetto al testo, il modo con il quale vengono delicatamente sottolineate tutte le sfumature psicologiche della dolente regina - che sembra quasi un altro personaggio rispetto a quello disegnato nel Primo atto. Nella seconda parte, però, con un improvviso scarto emotivo, emerge anche un violento desiderio di vendetta.

Piangerò la sorte mia
sì crudele e tanto ria
finché vita in petto avrò.
Ma poi morta d'ogn'intorno
il tiranno e notte e giorno
fatta spettro agiterò.

La seconda, un canto di trionfo, è nuovamente un brano pieno di fioriture e virtuosismi vocali, con trilli e salti d’ottava. L’incipit di entrambe le semistrofe è enunciato all’unisono dalla voce e dai violini.

Da tempeste il legno infranto,
se poi salvo giunge in porto
non sa più che desiar.
Così il cor tra pene, e pianto,
or che trova il suo conforto
torna l'anima a bear.

Antonio Vivaldi - Concerto Primo in Re maggiore con 4 violini obbligati RV 549, da «L’estro armonico» op. III
Il Concerto primo, rispetto al Concerto undecimo, presenta aspetti assai più innovativi, e forse anche per questa ragione è stato posto in apertura di raccolta: innanzitutto il concertino che include ben 4 violini; in secondo luogo, la struttura in soli tre tempi, che di lì a breve diverrà canonica, ma che in quel periodo, come detto, era stata usata solo da Torelli e Albinoni. Il termine obbligato, abbastanza frequente nella musica barocca, significa che, quando gli strumenti solisti eseguono delle parti di accompagnamento, devono suonare la partitura come è scritta, senza aggiungere nulla.
Nell’Allegro iniziale, il dialogo tra concertino e ripieno è talmente serrato da rendere ormai difficile discernervi con chiarezza la struttura di concerto grosso. I ruoli principali sono quelli del Primo e Secondo violino, che si alternano come solisti, ma tutte le parti principali partecipano ad un continuo e sempre variato dialogo. Inconsueto è il ruolo del violoncello, che non si limita ad accompagnare insieme al resto dell’orchestra, ma diviene esso stesso strumento predominante in estesi tratti del Tutti.
Il secondo tempo (Largo e spiccato) inizia al grave, con un andamento di “ciaccona” in 3/4, scandito all’unisono. A questo ritornello si alternano due episodi solistici per il Primo e Secondo violino.
Nell’Allegro finale, condotto in un insolito metro di 9/8 (per il concertino) contro 3/4 (per il concerto grosso), che inizia con un invito del Terzo violino, seguito dal primo ingresso del Tutti, le alternanze tra solisti e orchestra avvengono sopra un saltellante ritmo di danza campestre, a metà strada tra una giga e una tarantella.

Georg Friedrich Händel - Lascia ch'io pianga (da «Rinaldo»)
Il «Rinaldo», rappresentato nel 1711, ma riscritto parzialmente nel 1731, è liberamente ispirato alla «Gerusalemme liberata» del Tasso. La splendida aria dell’Atto secondo Lascia ch’io pianga, cantata dall’eroina Almirena tenuta prigioniera nel giardino della maga Armida, è un tempo di sarabanda (danza lenta francese). Piacque così tanto che Händel [spesso scritto Handel, dato che il musicista anglicizzò il suo cognome in onore della patria adottiva] ne incluse la musica in altre opere. Cinematograficamente, la fama di questo brano è stata rinnovata dal film «Farinelli, voce regina» del 1994. Molto recentemente, è stata anche inclusa in «Dio esiste e vive a Bruxelles» (come qualcuno ricorderà, nella scena della mano che danza sul tavolo).

Lascia ch'io pianga
Mia cruda sorte,
E che sospiri
La libertà.
Il duolo infranga
Queste ritorte,
De' miei martiri
Sol per pietà.

Francesco Geminiani - Concerto grosso XII in Re minore “La follia” (dalla Sonata op. 5 n. 12 per violino di A. Corelli)
Il lucchese Geminiani, allievo di Alessandro Scarlatti e di Corelli a Roma, fu uno dei più celebri e apprezzati violinisti del suo tempo, ma condusse una vita errabonda e piena di guai, a causa del suo temperamento irrequieto che gli faceva perdere in breve tempo ogni incarico che gli venisse affidato. Morì di crepacuore nella lontana Dublino, dopo che una serva infedele ebbe rubato la preziosa raccolta dei suoi manoscritti.
Questo concerto, pubblicato nel 1727, è la trasposizione orchestrale fatta dal nostro autore a partire da un tema con 23 variazioni sul tema della “follia”, per violino solo e basso continuo, composto da Corelli verso il 1700. La “follia” era in origine (“follia primitiva”) una forma di progressione accordale in metro ternario di origine portoghese, attestata sin dal tardo Medioevo. L’etimologia deriva probabilmente da quelle antiche danze contadine che, semel in anno, rovesciavano i ruoli e le convenzioni sociali. Il tema che ascolteremo, nel tempo di 3/4 e in tonalità di re minore, divenne quello canonico a partire dal 1500 circa, ed è oggi definito “tarda follia”. Corelli fu colui che per primo rese popolare la “follia”, ma questo incedere pieno di fatalismo, solenne e muliebre, irresistibilmente iberico («gravi matrone di Spagna da gli occhi torbidi e angelici», scriveva il poeta Dino Campana), sopra un basso di passacaglia o di sarabanda, colpì - prima e dopo di lui - l’immaginazione di molti altri compositori, antichi e recenti: per citare solo le nostre limitate conoscenze, tra essi vi sono Lulli, Alessandro Scarlatti, Vivaldi, Marais, Händel, J.S. Bach, C.P.E. Bach, Liszt, Rachmaninoff, Casella, Ponce, e … Vangelis.
Nella trascrizione fatta da Geminiani, la virtuosistica parte del violino solista corelliano passa sostanzialmente immutata al Violino primo del concertino. Ad essa viene affiancata ex novo la parte del Violino secondo del concertino, mentre tutto il lavoro è modellato sul contrasto tra variazioni lente e veloci, oltre che naturalmente sui contrasti tra “Tutti” e “Soli”, che talora si si alternano entro la stessa variazione (per esempio, nelle variazioni 3, 9, 17, 20 e 21), ma più spesso si rincorrono da una variazione all’altra.
[Per render con più immediatezza apprezzabile l’opera, ci permettiamo di suggerire all’ascoltatore di adottare una concezione a blocchi, differente dall’individualità delle singole variazioni romantiche. Ricordiamo inoltre che nella musica barocca la partitura viene sempre considerata come un semplice canovaccio, sopra il quale spetterà alla personalità dell’esecutore introdurre abbellimenti a suo gusto, e al contempo rendere più virtuosistica l’esecuzione. Al punto che, quando l’autore non vuole interpolazioni, lo prescrive esplicitamente (l’obbligato al quale si è fatto accenno in precedenza). La “sacralità”, l’oggettività intangibile del testo scritto, è un concetto che superficialmente si potrebbe dare per scontato, e sul quale non ci si sofferma quasi mai a riflettere, ma in questo modo è facile dimenticare che in realtà esso si affermò molto tardi, non prima del ‘900 inoltrato].
Il Tema (Adagio), enunciato dal Tutti, è in due parti divise nelle canoniche 8 + 8 battute con prima cadenza sulla dominante e cadenza finale sulla tonica. Lo schema armonico, palindromo, fa perno alla quarta e quinta battuta su una dominante secondaria basata sul rapporto tra III e VII grado di tonica.
Seguono poi le variazioni, che schematizzeremo nel modo seguente:
-Variazione 1 (Adagio) Tema spezzato, poi fioriture violinistiche.
-Variazione 2 (Allegro) Arpeggi sull’armonia del motivo.
-Variazione 3 (Allegro) Nel concertino, imitazioni affidate al violoncello.
Variazioni 4 e 5 (Allegro) Arpeggi spezzati, nella seconda variazione spostamento dell’accento ritmico.
Variazioni 6 e 7 (Allegro) Uno stesso virtuosistico motivo in semicrome è eseguito dal Primo violino, poi dal violoncello.
-Variazione 8 (Adagio) Prima cesura tra i blocchi di variazioni.
-Variazioni 9 e 10 (Allegro-Vivace, Allegro in 3/8) Basate su effetti violinistici quasi di tremolo nella prima, di picchiettato nella seconda.
-Variazione 11 (Andante in 4/4) In stile patetico e vocalistico.
-Variazione 12 (Allegro in 4/4) Di nuovo arpeggi, ma con cambio di metro.
-Variazioni 13, 14 e 15 (Adagio in 12/8, poi Adagio in 3/4) Ripetizione di una figura in rapide semicrome discendenti nella prima, fioriture ed abbellimenti ad libitum nelle altre due.
-Variazione 16 (Allegro) Sovrapposizione complessa di ritmi.
-Variazione 17 (Allegro) Basata su uno staccato discendente.
-Variazione 18 (Allegro) Nel concertino, imitazioni affidate al Secondo violino.
-Variazione 19 (Adagio) Nuova cesura con una variazione in tempo molto lento, che prepara il blocco finale.
-Variazioni 20 e 21 (Allegro) Progressivo aumento della velocità, su un ritmo in terzine dal carattere più danzante.
-Variazioni 22 e 23 (Allegro) Riproposizioni finali del tema da parte del Tutti sopra il tremolo del Primo violino, poi del violoncello, prima dell’inciso cadenzale conclusivo ripetuto tre volte.
 
[A cura di Massimo Sacchi]

Orchestra da camera della città di Legnano Franz Joseph Haydn
sito web: www.orchestralegnano.org
e-mail: orchestralegnano@alice.it


mercoledì 16 novembre 2016

Stagione concertistica 2016-2017 - Incontro di presentazione del primo concerto.

https://drive.google.com/file/d/0B-jxFGXadxfRaVpCOUsxaDBHS2s/view?usp=sharing
La stagione 2016/2017 dell'Orchestra da camera Città di Legnano Franz Joseph Haydn è alle porte: sabato 19 novembre 2017 alle ore 16 presso la Biblioteca A. Marinoni di Legnano in Via Cavour 3/A si terrà l'incontro di presentazione del primo concerto.

L'incontro, di carattere divulgativo e in forma di confronto e dibattito, propone una guida all'ascolto coadiuvata dalla visione di video selezionati.

Sarà possibile aderire alla sottoscrizione promossa dall'orchestra e diventare Socio Sostenitore; tutte le infomazioni sono disponibili sul sito web dell'orchestra all'indirizzo www.orchestralegnano.org.

Orchestra da camera della città di Legnano Franz Joseph Haydn
sito web: www.orchestralegnano.org
e-mail: orchestralegnano@alice.it

mercoledì 2 novembre 2016

Aperitivi in concerto 2016 - 6 novembre 2016.

https://drive.google.com/file/d/0B-jxFGXadxfRaVpCOUsxaDBHS2s/view?usp=sharing
Legnano, 2 novembre 2016.
La rassegna "Aperitivi in concerto 2016" giunge al secondo appuntamento

Domenica 6 novembre 2016 ore 11
Teatro Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi in Piazza IV Novembre 4A a Legnano
(link per scaricare il programma di sala).

bGold saxofone orchestra
A cura del M° Franco Brizzi e del M° Silvia Guglielmelli
In collaborazione con
Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Como   
Liceo Musicale “A. Manzoni” di Varese

La bGold Saxophone Orchestra nasce dalla passione per lo strumento dorato, con l’obiettivo di creare una realtà non solo musicale ma anche didattica che riunisca studenti di saxofono del Conservatorio “G.Verdi” di Como, del Liceo Musicale Statale “A. Manzoni” di Varese e di altre realtà musicali della provincia di Como e Varese, creando così una continuità didattica tra queste scuole. Proposta ai ragazzi nel mese di Marzo 2015, l'Orchestra è stata subito accolta con grande entusiasmo da parte di tutti. La bGold Saxophone Orchestra è una nuova realtà per il nostro territorio, unica nel suo genere e numero, in continua crescita: l'obiettivo è quello di creare una sorta di “vivaio" per studenti di saxofono, coinvolgendone sempre di più e permettendo loro di confrontarsi musicalmente suonando insieme a livello orchestrale. 

Programma:
G. Holst
 Jupiter  da  “The Planets”
(Arr. A. Cook)
J. Brahms
UngarischeTanze No.5   
(Arr. J. Larocque)
A. Dvorak
Danse slave No.1 op.46
(Arr. J. Larocque)
I. Albeniz
Sevilla da “Suite Espagnole”
(Arr. Mibemol Sax Ensemble) 
C. Gounod
Marche funèbre pour une marionnette
(Arr. J. Larocque)
J. Naulais
Toquades: Tango, Slow Rock, Charleston
P. Ros
Tango per Astor
I. Volante
American Feeling
R. Molinelli
Tango Club da “Four pictures from New York”
A. Màrquez
Danzon No.2
(Arr. D. Casanova)

bGold saxofone orchestra 
SAX SOPRANO Chiara Binda
SAX CONTRALTO Beatrice Bernasconi, Simone Mambretti, Paolo Tettamanti, Andrea Poncia, Silvia Bado, Luca Garegnani, Claudia Binda, Giada Maspero, Anna Mascarello, Cristiana Sala, Lorenzo Peccedi, Giacomo Colombo, Mihael Roman, Francesco Cattaneo, Luca Camesasca, Giacomo Annoni, Martin Venditti, Andrea Mascheroni
SAX TENORE Daniel Comacchio, Jenny Giacomelli, Matteo Giambra, Luca Marchetti, Alessandro Rossi, Sofia Sabadini
SAX BARITONO M° Silvia Guglielmelli, Luca Nessi, Camilla Borgnino, Federico Cester,
SAX BASSO Matteo Pozzi
Direttore M° Franco Brizzi

Ingresso 5,00 € / Ridotto 3,00 €

Come acquistare i biglietti:
- Presso la biglietteria del Teatro (Infopoint)
  Da martedì a giovedì, ore 10.00 / 13.00 e due ore prima dell’inizio degli spettacoli
- Presso il Palazzo Leone da Perego (via Gilardelli 10, presso ufficio ScenAperta)
  Da lunedì a giovedì, ore 15.00 / 17.00
  Venerdì, ore 10.00 / 13.00
- Online su www.vivaticket.it (con diritti di commissione del portale)
- Nei punti vendita abilitati www.vivaticket.it
Per gli spettacoli musicali sarà possibile scegliere il posto solo durante la prevendita.
Nella data dello spettacolo, in cassa verrà assegnato in automatico il miglior posto disponibile. 

Aperitivi in concerto 2016, dal 23 ottobre all'11 dicembre la domenica mattina alle ore 11 presso il Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi in Piazza IV Novembre 4A a Legnano.
Direzione artistica e organizzativa:  Orchestra da camera della città di Legnano Franz Joseph Haydn -  www.orchestralegnano.org  - orchestralegnano@alice.it

giovedì 20 ottobre 2016

Aperitivi in concerto 2016 - 23 ottobre 2016.

https://drive.google.com/file/d/0B-jxFGXadxfRaVpCOUsxaDBHS2s/view?usp=sharing
Legnano, 20 ottobre 2016.
La rassegna  Aperitivi in concerto 2016 si inaugura domenica 23 ottobre alle ore 11 al Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi (link per scaricare il programma di sala). 

Pazze all’Opera

Stella Barbero, flauto
Francesca Lanza, soprano
Anna Barbero, pianoforte

Le scene di Pazzia sono indubbiamente tra i più affascinanti topoi riscontrabili nel melodramma ottocentesco, le cui eroine romantiche si librano attraverso un canto puro e lunare, di livello quasi metafisico, fino a raggiungere l'ultima piega emotiva della loro follia.
Ma la pazzia, declinata sotto diversi aspetti, ora ironico, ora istrionico, è protagonista di arie indimenticabili del repertorio operistico dal ‘700 ai giorni nostri.Nel nostro recital, vedremo le colorature del soprano accostate alle fioriture del flauto, strumento emblematico nella creazione di atmosfere oniriche e allucinate.
Dalla malinconia languida e visionaria di Nina, la pazza per amore, agli strepiti di Rosina, altalenante tra falsa mitezza e pirotecnica stizza, fino agli strepiti vendicativi di una madre
ossessiva, la Regina della Notte... E soprattutto la folle operistica per eccellenza: Lucia.

Programma:
Arcangelo Corelli
Variazioni su un tema di “Folia” per flauto e pianoforte
Giovanni Battista Paisiello
Nina, o sia la pazza per amore
Nina : “Il mio ben quando verrà”
Gioacchino Rossini
Ouverture del “Barbiere di Siviglia” per flauto e pianoforte
Rosina : “Una voce poco fa” Il Barbiere di Siviglia
Pablo de Sarasate
Fantasia sul “Flauto Magico” di Mozart per flauto e pianoforte
Wolfgang Amadeus Mozart
Regina della notte : “Der Hoelle Rache” Il flauto magico
J.B.Singelée
Variazioni su un tema di “Lucia di Lammermoor” per flauto e pianoforte
Gaetano Donizetti
“Ardon gl’incensi” Lucia di Lammermoor

Francesca Lanza si e' diplomata in canto al Conservatorio “G.Verdi” di Torino. Ha studiato con Renata Scotto e con Shirley Verrett all'Accademia Musicale Chigiana di Siena, ottenendo il diploma di merito e una borsa di studio.4 Nel 2000 e' stata tra i vincitori del “Concorso Internazionale Giulietta Simionato” di Asti. Presso gli Amici della Musica di Firenze ha frequentato una masterclass di Liederistica tenuto da Elly Ameling. Ha perfezionato il repertorio operistico sotto la guida di Luca Gorla al corso triennale dell'Accademia Internazionale della Musica di Milano. Ha cantato nel “Cappello di paglia di Firenze” di N.Rota nei Teatri di Pisa, Lucca, Livorno e Mantova. Ha eseguito in forma scenica alcune cantate di G.F.Haendel con la Haendel-Akademie di Karlsruhe. Al Belcanto Festival di Dordrecht (Olanda) ha cantato nel “Matrimonio segreto” di Cimarosa e nel “Convitato di pietra” di V.Righini del quale e' uscita la registrazione per la Bongiovanni. Ha cantato “Lucia di Lammermoor” al Festival International de Tamaulipas (Messico), la Regina della Notte nel Flauto magico di W.A. Mozart al SemperOper di Dresda,  Francoforte, Lubecca, Schwerin, Wiesbaden, Piccolo Regio e Teatro Massimo di Palermo. Si è esibita in numerosi concerti per gli Amici del Teatro Regio di Torino, la Fondazione Mazzocchi di Palermo, gli Amici della Musica di Catania, la Fondazione Toscanini di Parma. Ha cantato il ruolo di Konstanze ne “Il ratto dal Serraglio “di W.A.Mozart all'Opéra-Théatre di S.Etienne. Ha partecipato all'esecuzione de l'”Amor mugnaio” di G.Nicolini al Teatro Municipale di Piacenza e “Il colore di Cenerentola” di A.Cara al Piccolo Regio di Torino e al Comunale di Bologna. Ha ricoperto i ruoli di Iride, Verene e una damigella ne “La Didone” di F.Cavalli al Teatro alla Scala con l'Europa Galante diretta da Fabio Biondi. Ha cantato in Rigoletto e ne I Puritani al Korean Opera Festival di Seoul.

Stella Barbero nasce a Torino nel 1973 si diploma a soli sedici anni sotto la guida di Arturo Danesin e lo stesso anno entra nella prestigiosa classe di Maxence Larrieu presso il Conservatorio Superiore di Ginevra dove ottiene il diploma di Virtuosité. Negli stessi anni vince numerosi concorsi internazionali tra cui due edizione del concorso Città di Stresa, Sion, Moncalieri e una borsa di studio dell'Accademia Chigiana di Siena che le permette di perfezionarsi con lo storico primo flauto dei Berliner Philarmoniker Aurèle Nicolet. Inizia quindi giovanissima la sua carriera di primo flauto che la porta a collaborare con orchestre e direttori di fama internazionale. Nel contempo si esibisce come solista in Italia e all'estero, è invitata ad eseguire il concerto in re di Mozart al prestigioso Tiroler Festspiele di Erl, il quarto concerto Brandeburghese di Bach insieme a Maxence Larrieu, la Suite in si minore di Bach per la stagione concertistica voluta dal M. Nelson a Piticchio, partecipa al concerto di Bocelli di Lajatico per la CBS e ai concerti lirico sinfonici di Luciano Pavarotti. Con la sorella pianista Anna Barbero elabora il progetto "Ornitophonica" che esplora un repertorio e sonorità inerenti al mondo degli uccelli. Dal 1996 vive nelle Marche dove collabora come primo flauto con l'Orchestra Filarmonica Marchigiana, il Sineforma Ensemble e realizza un lungo sodalizio artistico con l'Orchestra da Camera delle Marche e il Quartetto d'Archi Postacchini, con il quale nel 2014 è chiamata ad inaugurare la Stella Maris, uno degli yacht più evoluti del mondo, nato in Italia, nella splendida cornice del Golfo di Montecarlo.

Anna Barbero si diploma in pianoforte con il massimo dei voti e la lode al Conservatorio “G.Verdi” di Torino con Vera Drenkova, in seguito approfondisce gli studi solistici e cameristici alla Musikhochschule di Luzern con Ivan Klansky, al Mozarteum di Salisburgo con Karl-Heinz Kämmerling, all’Ecole Normale de Musique “A.Cortot” di Parigi con Nelson Della Vigne. È stata vincitrice assoluta di concorsi nazionali e internazionali (“Città di Stresa”, “Carlo Soliva” di Casale Monf., “Coppa Pianisti d’Italia” di Osimo, “F.Schubert” e Concorso Europeo di Moncalieri, etc ) e ha partecipato a numerosi festival internazionali di musica e di teatro: “Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e del Mediterraneo” a Torino, Festival di Porto Venere, Paris International Summer Session, SettembreMusica a Torino, TorinoSpiritualità, Concerti al Quirinale di Radio3, Musica a Piazza Navona a Roma, Festival delle Nazioni di Città di Castello, e all’estero: Fundaciòn C.Amberes a Madrid, Palazzo Foz a Lisboa, Ateneo di Oporto, Fundaciòn Juan March di Madrid, Ateneo de Musica di Madrid, Casa Elizalde di Barcellona, Auditorium de Paiporta a Valencia, Dreilinden Saal a Luzern.

Aperitivi in concerto 2016, dal 23 ottobre all'11 dicembre la domenica mattina alle ore 11 presso il Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi in Piazza IV Novembre 4A a Legnano.
Direzione artistica e organizzativa:  Orchestra da camera della città di Legnano Franz Joseph Haydn -  www.orchestralegnano.org  - orchestralegnano@alice.it

lunedì 17 ottobre 2016

Presentazione "Aperitivi in concerto 2016".

Libretto Stagione 2016 2017
Legnano, 17 ottobre 2016.

Domenica 23 ottobre prende il via la nuova stagione musicale del Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi (link per scaricare il libretto della stagione).

Il primo appuntamento in programma fa parte della rassegna Aperitivi in concerto, a Legnano evento di tradizione ormai consolidata, la domenica mattina alle ore 11. Anno dopo anno la qualità della programmazione musicale e la levatura artistica degli interpreti hanno garantito presenza ed attenzione di pubblico sempre più significative e testimoniate da largo afflusso di presenze alla manifestazione.

Il biglietto d’ingresso, a 5 euro (ridotto 3 euro), si può acquistare con le seguenti modalità
- Presso la biglietteria del Teatro (Infopoint)
  Da martedì a giovedì, ore 10.00 / 13.00 e due ore prima dell’inizio degli spettacoli
- Presso il Palazzo Leone da Perego (via Gilardelli 10, presso ufficio ScenAperta)
  Da lunedì a giovedì, ore 15.00 / 17.00
  Venerdì, ore 10.00 / 13.00
- Online su www.vivaticket.it (con diritti di commissione del portale)
- Nei punti vendita abilitati www.vivaticket.it

Ecco nel dettaglio la proposta degli Aperitivi in concerto di quest’anno:

23 ottobre: Pazze all’Opera, un percorso lirico-musicale attraverso arie indimenticabili della tradizione operistica legate al tema della pazzia, declinato sotto diversi aspetti, ora ironico, ora istrionico. Protagoniste di questo affascinante viaggio tre splendide concertiste: Stella Barbero (flauto), Francesca Lanza (soprano), Anna Barbero (pianoforte). In programma musiche di Paisiello, Mozart, Rossini e Mozart

Il 6 novembre sarà ospite la bGold Saxophone orchestra, un ensemble di 30 giovani strumentisti provenienti dal Conservatorio G. Verdi di Como e dal Liceo Musicale Manzoni di Varese. In programma musiche di Brahms, Dvorak, Gounod, Holst, Albeniz, Marquez

4 dicembre il Trio Kanon con Lena Yokoyama al violino, Alessandro Copia al violoncello e Diego Maccagnola al pianoforte eseguirà due grandi pagine del repertorio cameristico, il Trio in mi minore di Antonín Dvořák e il trio in la minore di Maurice Ravel

L’11 dicembre vedrà il gradito ritorno a Legnano del violinista Cristiano Rossi che, accompagnato dal chitarrista Alessandro Bono, eseguirà brani del repertorio cameristico per violino e chitarra dal ‘700 ai giorni nostri. In programma musiche di Paganini, Ibert, Prosperi, Margola. 

Aperitivi in concerto 2016, dal 23 ottobre all'11 dicembre la domenica mattina alle ore 11 presso il Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi in Piazza IV Novembre 4A a Legnano.
Direzione artistica e organizzativa:  Orchestra da camera della città di Legnano Franz Joseph Haydn -  www.orchestralegnano.org  - orchestralegnano@alice.it

martedì 26 aprile 2016

Ricordando un amico...

Con emozione segnaliamo al nostro affezionato pubblico l'iniziativa dell'Istituto Comprensivo "G. Galilei" di Corsico (MI) "Ricordando un amico" dedicata al M° Bruno Rondinella, per molti anni primo violino di spalla e - soprattutto - prezioso amico della nostra Orchestra, che si terrà venerdì 29 aprile 2016 alle ore 21 presso il Teatro Verdi di Corsico (MI):

https://www.facebook.com/Istituto-Comprensivo-G-Galilei-Corsico-MI-410694915751369/?fref=nf

http://www.icgalileicorsico.gov.it/it/articolo/ricordando-amico

Orchestra da camera della città di Legnano Franz Joseph Haydn
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lunedì 18 aprile 2016

Stagione concertistica 2015-2016 - Note accompagnatorie al terzo concerto.

A causa di un incoveniente tecnico, non è stata pubblicata sul sito la versione estesa delle note di sala del terzo concerto conclusivo della stagione 2015-2015. Le riportiamo di seguito scusandoci con l'autore e con i nostri lettori.

Introduzione al concerto
Concludiamo la stagione con un concerto dedicato interamente al Beethoven del cosiddetto “secondo periodo stilistico”, quello della piena maturità, che vede susseguirsi molti dei più celebri capolavori, orchestrali e non, del compositore. Il Beethoven più beethoveniano che ci sia, almeno per il grande pubblico: quello dei grandi contrasti, del volontarismo eroico, dell’afflato epico, della sfida al destino. E tra essi, proprio l’«Eroica» costituisce la sfida più ardua, non solo per il confronto che impone con i più grandi interpreti, ma anche per l’intrinseca complessità concettuale e musicale, ineguagliata persino da Beethoven, se non nella Nona Sinfonia e nella Missa Solemnis. Una pietra miliare del repertorio, quindi, che il direttore Balleello, giunto ormai quasi al compimento del ciclo completo delle nove sinfonie, ha deciso di affrontare proprio per il primo concerto nel nuovo teatro. E noi, insieme a tutto il pubblico, non possiamo che augurargli “Ad maiora, Maestro!”.

Il programma
Ludwig van Beethoven – «Coriolano», Ouverture in Do min. Op.62
Il «Coriolano», del 1807, è la più famosa ouverture di Beethoven. Essa non fu scritta per il dramma di Shakespeare, bensì come introduzione a una tragedia di Joseph von Collin, poeta stimato persino da Goethe, ma che oggi, non fosse per Beethoven, sarebbe dimenticato. Tratta dalle «Vite parallele» di Plutarco, essa narra di Coriolano, eroe romano condannato all’esilio presso i Volsci, che per vendetta guida questo popolo alla conquista di Roma. Ma si ferma, giunto sotto le mura dell’Urbe, dopo aver udito le implorazioni rivoltegli dalla madre e della moglie Volumnia, ed è a quel punto ucciso dai Volsci che lo considerano a loro volta un traditore. Un dramma di questo genere non poteva non sedurre l'autore dell’«Eroica» e del «Fidelio», che seppe farne una prefigurazione, nel disegno psicologico dei personaggi, del poema sinfonico. Il brano è scritto nella forma-sonata bitematica con sviluppo centrale, mentre fino ad allora le “overture” erano nella più semplice forma ternaria ABA. Il primo gruppo tematico, in Do minore, la tonalità beethoveniana per antonomasia, caratterizza l'anima indomita di Coriolano (qualcuno si ricorderà la pubblicità di un amaro, in un vecchio Carosello, in cui un pugno guantato si abbatteva su un tavolo al suono di queste note…). A questo tema pieno di disordine e furia si oppone il secondo, in Mi bemolle maggiore, che rappresenta la preghiere e la tenerezza di Volumnia. Accenniamo al fatto che Beethoven riconduceva la natura contrastante dei suoi temi non solo a ragioni espressive o drammaturgiche, ma anche alla contrapposizione, enunciata da Kant nei «Fondamenti metafisici della scienza della natura», tra “principio di opposizione” e “principio implorante”. Lo sviluppo è caratterizzato dallo scontro tra due diversi frammenti del tema di Coriolano, a significarne il drammatico contrasto interiore. Nell’ampia ripresa sembra prevalere gradualmente il tema di Volumnia. La coda, nella quale il tema di Coriolano è affidato ai violoncelli, si acquieta progressivamente, per concludersi con tre pizzicati in pianissimo dei soli archi: l’eroe ha accettato il suo destino.

Ludwig van Beethoven – Sinfonia n°3 in Mi bemolle maggiore op.55 «Eroica»
La Terza Sinfonia, i cui abbozzi risalgono al tragico soggiorno estivo del 1802 ad Heiligenstadt, durante il quale il musicista scoprì i primi segni della sordità, fu meditata per un lungo periodo, e scritta tra la primavera del 1803 e il maggio del 1804. «Sto componendo qualcosa di veramente nuovo» confidò un giorno Beethoven ad un amico. E la Terza sarebbe sempre rimasta, tra tutte le sinfonie, la più amata dal suo creatore. La prima udienza privata avvenne presso il palazzo viennese del principe Lobkowitz (uno dei tanti mecenati di Beethoven, e dedicatario finale dell’opera), mentre la prima esecuzione pubblica, diretta dal compositore al teatro “An der Wien”, risale all’Aprile 1805. I giudizi dei critici viennesi dell’epoca furono piuttosto duri: la trovarono “interminabile”, “incoerente” e perfino “soporifera” (!), mentre oggi si riconosce unanimemente che quest’opera colossale, come forse nessun’altra né prima né dopo, ha influito in maniera determinante su tutto lo sviluppo successivo della musica occidentale. Ciò che deve indurre l’ascoltatore consapevole, ma anche l’interprete, a chiedersi: fino a che punto si sta ascoltando (o interpretando) l’opera per come essa era stata concepita, e non invece il suo mito? Una questione alla quale è arduo rispondere, ma che, a nostro parere, sarebbe sempre utile porsi al cospetto di tutti i capolavori fondativi della nostra cultura, non solo musicale.
Per quanto riguarda la storia della dedica a Napoleone, tolta, rimessa e infine ritirata definitivamente e sostituita dal famoso sottotitolo sul “sovvenire di un grand’uomo” - dopo che il còrso si era autoproclamato imperatore alla fine del 1804, essa è lunga e ben conosciuta. Pertanto, non vi insisteremo troppo, se non per far notare come in Beethoven potessero coesistere senza problemi l’ideale rivoluzionario sincero e il sostegno economico da parte dell’aristocrazia d’ancien regìme, la dedica di un’opera a Napoleone e l’Ode al duca di Wellington vincitore a Waterloo, oppure le altissime meditazioni filosofiche degli ultimi capolavori insieme a piccinerie al limite della truffa nei confronti degli editori, per non dir d’altro. Insomma, da una parte sta l’uomo con tutte le sue debolezze, da un’altra sta il regno incontaminato dell’arte e dell’ideale. In ogni caso, qualunque sia stata l’occasione che ha favorito la nascita della Terza Sinfonia, ciò che conta davvero, e che ne fa la grandezza, è il fatto che essa venga poi interamente risolta in valori puramente musicali. E’ dentro la musica, nei suoi rapporti dialettici, nella sua costruzione, nel suo faticoso procedere verso la luce, che Beethoven trasforma in sentimenti universali ed eterni lo spirito eroico e l’epos delle battaglie napoleoniche, o l’anelito dell’umanità nuova nata dalla Rivoluzione francese e dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Tornando alla nostra opera, l’aspetto immediatamente evidente è la sua lunghezza complessiva, davvero inusitata per l’epoca: essa verrà superata solo da quella della Nona Sinfonia, ed insieme queste due opere resteranno le più lunghe sinfonie fino alla seconda metà dell’800.
L’organico orchestrale è lo stesso della Prima e della Seconda, ma con la significativa aggiunta di un terzo corno, che suonerà spesso a parti divise rispetto agli altri due e assumerà in vari passaggi il ruolo del protagonista.
L’Allegro con brio dura 841 battute, quanto un’intera sinfonia settecentesca, dilatando e tendendo fino al limite la forma. La dialettica sonatistica vi è mantenuta, ma occultata dalla straordinaria continuità del discorso musicale e dalla mirabile unità tra i temi, tutti sottilmente collegati alle misure iniziali: nemmeno una nota è lasciata al caso o è puramente decorativa. Questa sottigliezza, questa rete di relazioni lontane ne costituiscono anche la principale difficoltà d’ascolto. Il movimento, in un 3/4 insolito in un primo tempo di sinfonia (ma ne capiremo la ragione tra breve), comincia con due bruschi, imperiosi accordi, proprio come se si aprisse il sipario su un nuovo mondo musicale. Essi sono immediatamente seguiti dall’enunciazione del primo tema da parte dei violoncelli. Questo motivo, che costituirà l’ossatura portante di tutto il gigantesco primo movimento, non è altro che un semplice arpeggio di tonica, del tutto simile – per esempio - a quello che apre il giocoso Singspiel Bastien und Bastienne di Mozart oppure la bucolica Seconda Sinfonia di Brahms. Un motivo in sé così poco caratterizzato e poco tematico da non sembrare per nulla adatto alle peripezie alle quali l’autore lo destinerà: qualsiasi altro compositore qui avrebbe scelto un tema eroico, o nobile, o cavalleresco. Beethoven no. Egli ha ben altre frecce nella sua faretra, e lo si inizia a capire già alla settima misura, quando accade il primo avvenimento inaspettato: la frase termina quasi subito su un Do diesis, nota estranea all’armonia di Mi bemolle maggiore. Più avanti scopriremo che questa apparente bizzarria è in realtà una porta che si aprirà su mondi lontani. Così sapeva gettare i suoi ponti Beethoven! Il tema viene ripreso, ed appare un’altra trovata: i corni se ne impadroniscono subito, iniziando a conferire il colore epico alla sinfonia. Poi, dopo un breve crescendo e una finta modulazione verso la dominante, si giunge ad un altro punto fondamentale: un primo climax, nel quale l’orchestra scandisce accordi in tempo di 2/2 sopra il ritmo di 3/4, generando in questo modo una fortissima tensione. Ci avvediamo ora che questa sinfonia ha anche un … motore, la pulsazione ritmica, che la trasporterà molto lontano. Era già partito prima, sommessamente, ma non ce ne eravamo nemmeno accorti. La terza riproposizione del tema (che a questo punto iniziamo a percepire come un aprirsi faticosamente la strada, piuttosto che un percorso verso una meta conosciuta) è seguita da un motivo ai fiati, che costituisce l’inizio del secondo gruppo tematico: tre note discendenti alla dominante (Si bemolle maggiore) che passano da uno strumento all’altro, un puro gioco di timbri. Giunti a questo punto, in 50 battute, il nostro autore ha già buttato sul tavolo tutta una serie di novità inaudite. Inizia quindi una lunga transizione verso un tema accessorio. Ma è solo un intenerimento momentaneo, che si incupisce subito, prima di una nuova transizione e del ritorno ossessivo dello scontro di ritmi, martellato ancora più rabbiosamente, e che – a parte la ripresa di un frammento del primo tema - concluderà l’esposizione, la quale verrà poi ripetuta per intero. Non possiamo qui analizzare in dettaglio gli episodi che segnano il corso del lungo, prodigioso sviluppo, che usa il primo tema e il motivo discendente ai fiati, mischiandone e combinandone i frammenti con fantasia inesauribile. Segnaleremo solamente il punto culminante, che dopo un lunghissimo accumulo di tensione si conclude addirittura con una lacerante dissonanza ripetuta per ben cinque volte, prima della comparsa di un altro tema, in Mi minore (infrangendo la norma che impediva di inserire nuovi materiali nello sviluppo). Occorre poi menzionare la famosa “falsa ripresa” che precede di quattro battute la ripresa vera e propria, e sovrappone il bicordo di settima di dominante che conclude lo sviluppo, ancora tenuto dai violini, al precoce ritorno del tema alla tonica da parte dei corni, mentre il resto dell’orchestra tace, creando ante litteram una sorta di politonalità allo scoperto: ciò violava ancora più clamorosamente un’altra sacra regola, che resterà tale fino al ‘900. Nel corso della prima prova, giunti a questo punto, Ferdinand Ries, che assisteva Beethoven nella direzione, inveì contro il malcapitato cornista: «Maledetto, non sa contare?». Lo stesso Ries racconta che il maestro lo fulminò con un’occhiata tale, che egli temette di star per ricevere un ceffone (sulla prima esecuzione a palazzo Lobkowitz è reperibile su Youtube un bel film, «Beethoven’s Eroica», prodotto dalla BBC nel 2003). Occorrerebbe poi, se ve ne fosse lo spazio, parlare della gigantesca coda, lunga quanto l’esposizione: altra invenzione beethoveniana, che sembra dilatare verso l’infinito il vento di epopea che percorre tutto il primo tempo della sinfonia, ma serve anche a equilibrare uno sviluppo così esteso.
L’Adagio assai in Do minore (in 2/4) è altrettanto famoso del movimento precedente. Una pagina forse più semplice nella struttura, ma di una struggente eloquenza, nella quale il lutto per la morte dell’"eroe" diviene epicedio sul dolore del mondo. Oltre al precedente costituito dal terzo tempo della Sonata per pianoforte Op.26, è stata notata la somiglianza con marce funebri composte nella Francia rivoluzionaria. E’ meno noto che, dopo l’eliminazione della dedica a Napoleone, questo "Adagio " sostituì una "marcia trionfale", la quale diverrà l'ultimo movimento della Quinta Sinfonia. Il tema, aspro e doloroso, è esposto in pianissimo dai violini e ripreso dall’oboe. Un secondo tema in Mi bemolle maggiore è cantato dai violini in piano e forte alternato. Dopo la loro ripetizione e una desolata coda, si passa alla parte centrale, in Do maggiore, che è come un ricordo pieno di rimpianto, e si sviluppa poi in una solenne marcia scandita dai timpani. Torna brevemente il tema iniziale, ma invece di concludere il brano esso conduce ad un’inaspettata doppia fuga, ancora più dolente. La musica pare acquietarsi, ma subito nasce un’altra potente evocazione: al lugubre richiamo dei corni, sembra quasi che un’armata spettrale, i morti delle guerre napoleoniche (e, per noi posteri, anche di quelle future, ancora peggiori), si desti e si rimetta lentamente in marcia, con passo cadenzato e accusatore. E qui non ci sono eroi o grandi uomini che tengano, il guerriero Beethoven diviene per una volta visionario. Dopodiché, la ripresa del motivo iniziale, stavolta definitiva, si fa sempre più frantumata e, insieme al tema dell’ultimo episodio, si allontana e lentamente svanisce. I timpani hanno l’ultima parola, prima che cada il silenzio.
Dopo la lotta epica ed il confronto col dolore, gli ultimi due movimenti sono la vittoria della volontà sulle cieche forze del caso e del destino. Sebbene sia ben noto, non sarà superfluo ricordare ancora come Beethoven dichiarasse esplicitamente che la sua idea della musica si basava sulla morale e sulle concezioni umanitarie elaborate dalla filosofia kantiana.
Lo Scherzo (Allegro vivace, in 3/4) vive di un’inarrestabile forza propulsiva, e dello stesso contrasto ritmico tra metro ternario e binario che caratterizzava il primo movimento. Inizia con una corsa precipitosa degli archi, cui si unisce l’oboe nel disegnare un tema pieno di slancio. Ciò introduce un altro aspetto originale: se si rispetta la velocità prescritta dal compositore, le singole note «si trasformano in scintille sonore che guizzano e si consumano, o sembrano unirsi come fiamme» (A. Boucourechliev). Ad esso seguono un motivo di flauti e violini, la ricomparsa del primo tema, ed un Tutti conclusivo. Il Trio, dal carattere concertante, è dominato dalla fanfara di caccia dei corni, che diviene alla sua ultima ripresa quasi immateriale. Dopo il trio, lo scherzo è ripetuto letteralmente, ma con una sorpresa quando di colpo il metro cambia, per 4 battute, in un marcato Alla breve in 2/2: ciò che è musicalmente logico, ma non per questo meno straniante per l’ascoltatore. La breve coda viene scandita dai timpani, dagli archi e, infine, dall'intera orchestra.
Il Finale (Allegro molto in 2/4) è in genere considerato poco riuscito: eppure questo tema variato è il nucleo generatore dell’intera opera, come evidenziano sia i sottili agganci tematici, sia la simbologia dell’umano che vi è palesemente espressa. Esso era già stato utilizzato nel balletto «Le Creature di Prometeo» e nelle Variazioni per pianoforte Op.35, oltre che in una Contraddanza. Un’entrata impetuosa porta ad un motivo pizzicato al basso, ripreso dai soli archi nelle prime due variazioni. Nella terza, l’orchestra enuncia finalmente il tema vero e proprio, costituito da un dolce dialogo tra i fiati e gli archi. La quarta è una fuga in Sol minore, che culmina in una dissonanza, prima del ritorno della contraddanza nella quinta. Seguono la marziale marcia della sesta, e una nuova maestosa fuga con inversione del tema nella settima. Ma il cuore del movimento, annunciato dai soli fiati, è nell’ultima sognante variazione (Poco andante), che però giunge, alfine, ad un momento di angoscioso smarrimento metafisico. Dal quale, sembra dirci Beethoven, l’unica via d’uscita possibile è l’azione: e un frenetico Presto, nel quale ritorna il motivo introduttivo, conduce bruscamente e un po’ rudemente l’opera alla conclusione.
[A cura di Massimo Sacchi]